«Questo libro è coraggioso e al tempo stesso ironico e lieve» - Il Tirreno Se è vero che, come scriveva Tolstoj, «ogni famiglia infelice è disgraziata a modo suo», la famiglia di Silvia Dai Pra’ lo è scegliendo la strada del silenzio e del segreto, di cose accadute che alle generazioni più giovani non vengono raccontate. La nonna Iole, ad esempio, è donna umorale. Subisce le scenate del marito e del figlio, borbottando appena un lamento, e ogni tanto scoppia a piangere senza motivo. Che la nonna nascondesse un segreto, Silvia lo intuisce a undici anni quando, con il padre e la sorella, sta partendo per la Iugoslavia. Il giorno della partenza la nonna sparisce, lasciandosi dietro soltanto un biglietto: «non mi salutate nessuno». Cosa c’entrava la nonna con la Iugoslavia? Quel viaggio con il padre nel 1988, appena prima della caduta del Muro, per Silvia è una scoperta. In quei giorni, per la prima volta, sente pronunciare la parola ‘foibe’. Una parola dalla quale, molti anni dopo, parte la sua ricerca che la porta in Istria nella speranza di scoprire qualcosa sulla storia della sua famiglia: comincia così un’indagine durata due anni, tra archivi perlopiù andati distrutti, lettere strappate o recuperate, vecchie fotografie, mail spedite a tutti gli angoli del mondo che raramente hanno avuto risposta. Il risultato è questo libro, coraggioso e al tempo stesso ironico e lieve, che, mentre prova a riportare alla luce le vicende e il destino di una famiglia, affronta il tema delle conseguenze, per generazioni, della violenza subita e delle sofferenze, delle amnesie e dei silenzi necessari a continuare a vivere. Tutto, per cercare di capire perché il bisnonno Romeo Martini, nato Martincich, sia finito nella foiba di Vines, e perché la nonna, i suoi fratelli e sua madre se ne siano andati da Santa Domenica di Albona una mattina di novembre del 1943, lasciandosi ogni ricchezza alle spalle, per cominciare una nuova vita sulle Dolomiti. Una vita in cui una sola parola sarebbe stata per sempre bandita: Istria.