In Miracolo a Hollywood c’è il tema wellesiano per eccellenza, la riflessione sul vero e il falso, e poi il divertimento perfido del grande regista - molti dei personaggi rappresentano figure reali - in una satira durissima sul sistema hollywoodiano. È lo stesso Orson Welles a descrivere al suo biografo Peter Bogdanovich questa sua opera perduta e ritrovata. «La storia si svolge a Hollywood, mentre la mecca del cinema è in piena ossessione da film religiosi. Un regista neorealista italiano sta dirigendo un film su una santa alla Bernadette che fa miracoli e cura gli infermi. Il regista ha appena licenziato la star protagonista e l’ha rimpiazzata con una dattilografa perché gli sembra molto più spirituale. Stanno girando una scena in cui ci sono molti storpi e secondo i dogmi neorealisti l’italiano ha insistito che siano storpi autentici. La dattilografa li benedice e gli storpi… gettano via le stampelle e guariscono! È una santa! Hollywood diventa la nuova Lourdes, la gente attraversa in ginocchio i cancelli della Metro-Goldwyn-Mayer, i frammenti di pellicola si vendono come reliquie miracolose… ma gli affari del cinema vanno a rotoli. L’industria verrà salvata solo con l’arrivo di un arcangelo che convoca i capi degli studios e fa un patto con loro: il Cielo è disposto a sospendere ogni ulteriore miracolo, a condizione che Hollywood smetta di fare film religiosi…». In Miracolo a Hollywood c’è il tema wellesiano per eccellenza, la riflessione sul vero e il falso, e poi il divertimento perfido del grande regista - molti dei personaggi rappresentano figure reali - in una satira durissima sul sistema hollywoodiano, quello stesso sistema che aveva ostracizzato Welles, da Citizen Kane in poi, costringendolo all’esilio europeo. Il volume è stato curato da Gianfranco Giagni.
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