«Se tu te ne sei scordato, egregio signore, te lo ricordo io: sono tua moglie». Si apre cosí la lettera che Vanda scrive al marito che se n’è andato di casa, lasciandola in preda a una tempesta di rabbia impotente e domande che non trovano risposta. Si sono sposati giovani, per desiderio di indipendenza, ma poi attorno a loro il mondo è cambiato. Perciò adesso lui se ne sta a Roma, innamorato di una ragazza insieme alla quale tutto gli sembra leggero, e lei a Napoli con i figli, a misurare l’estensione del silenzio. Che cosa siamo disposti a sacrificare, pur di non sentirci in trappola? E che cosa perdiamo, quando scegliamo di tornare sui nostri passi? Perché niente è piú radicale dell’abbandono, ma niente è piú tenace di quei lacci invisibili che legano le persone le une alle altre. E a volte basta un gesto minimo per far riaffiorare quello che abbiamo provato a mettere da parte. Domenico Starnone ci regala una storia emozionante, il racconto magistrale di una fuga, di un ritorno, di tutti i fallimenti, quelli che ci sembrano insuperabili e quelli che ci fanno compagnia per una vita intera.