Romanzo anomalo e innaturale, Elizabeth ci consegna un’eroina di raggelante sensualità, una Lolita gotica, cerebrale e sarcastica, che una prosa tagliente, allucinata ma del tutto razionale, rende straordinariamente verosimile. A quattordici anni, Elizabeth Cuttner non si fa illusioni sul mondo e su sé stessa. Il suo sguardo ipertrofico coglie con compiaciuta esattezza dettagli raccapriccianti e miserie private di chi le è prossimo – ed è una condanna senza appello. Dopo la morte dei genitori, cui forse non è del tutto estranea, viene accolta dalla famiglia paterna in un’antica dimora coloniale a Manhattan, a ridosso del porto in disarmo, dove i vecchi edifici e i simboli della città si trasfigurano in vestigia gotiche che resistono all’avanzata dei grattacieli. Qui, in un’atmosfera impregnata di erotismo balthusiano, si consumano torbide relazioni e violenze spesso solo accennate, ma non per questo meno perturbanti, come la liaison venata di sadismo tra Elizabeth e lo zio James. Discendente diretta di una genìa di streghe, fornita di un piccolo ma efficiente armamentario di specchi, gatti, rospi, serpenti e incantesimi, oltre che di un fascino ambiguo e di una sapienza ancestrale, guidata dalle apparizioni di un’antenata che le svela i segreti dell’arte magica, Elizabeth eserciterà spietatamente i suoi poteri per procedere con freddezza verso un’affermazione di sé cui nulla e nessuno potrà resistere.