Tra le donne della famiglia di Shiva Margolin si nasconde un segreto che freme per essere portato alla luce. È il segreto di un’antica leggenda; di un villaggio polacco, Ropshitz, che ha perso la risata; di un messaggero divino dagli occhi verdi che viaggia attraverso i secoli. Tutte le antenate di Shiva lo hanno incontrato e hanno ricevuto il dono di un amore assoluto, che trascende il genere, lo spazio e il tempo. Quando Shiva, giovane newyorkese, ricostruirà il passato della sua famiglia, seguendo le tracce di un misterioso spirito, il dibbuk, svelerà ciò che troppo a lungo è rimasto nascosto. Ritroverà così le lettere della bisnonna Mira, a cui venne impedito per sempre di ridere, le foto di sua nonna Syl, che parlava la lingua degli uccelli, e l’abbraccio di sua madre Hannah, dedita a celebrare più la morte che la vita. È grazie a questo cortocircuito familiare che a Ropshitz risuoneranno di nuovo risate perdute, che il messaggero farà ritorno in forme sempre più cangianti, e che Shiva infine guarderà negli occhi il proprio destino. "Città che ride", esordio di Temim Fruchter, fonde folklore yiddish, mondo queer e spiritualità in un’alchimia letteraria in grado di sprigionare il potere più grande e pericoloso di tutti: quello di una donna, finalmente libera, che ride – o forse grida – da sola nel bosco.